Spesso, in iniziative o comunicazioni - oltre a un po’ di colore, o qualcosa di curioso o pittoresco - non vedo un sentito omaggio a chi la professione di ottica oftalmica e optometria l’ha definita operativamente e anche per cultura e scienza, come spiega (per analogia) D. Schon (ne Il professionista riflessivo, ad es. qui) o R. Sennett ne L'uomo artigiano (ad es. qui o qui).
Non vedo la consapevolezza che, nei vari secoli, molti scienziati o altri “pratici” hanno osteggiato varie idee dell’ottica oftalmica e dell’ottica generale (come indica anche V. Ronchi nella introduzione alla sua Storia della luce), finché non si sono fatte evidenti e innegabili. Ma come dice Bruno Munari (riguardo arte e creatività): quando qualcuno dice “questo lo so fare anch'io”, vuol dire che lo sa rifare, altrimenti lo avrebbe già fatto prima.
Riguardo le “lenti per vedere bene” scienziati, medici, fisici, psicologi ed altri che si sono interessati a lenti per vedere, hanno rifatto quello che ottici e optometristi avevano già fatto, cioè hanno copiato - certo arricchendo di contributi - ma senza potersi intestare una priorità e soprattutto non l’esclusività, neanche nell’approccio clinico o in quello scientifico generalmente inteso, teorico e sperimentale, perché ciascuno ha offerto le proprie strategie e ha definito “scienza” il proprio approccio (ad es. fisico o medico), certo meritevole ma non superiore per sé.
Perfezionare è più facile di inventare, com’è più facile spiegare le grandi scoperte agli studenti delle scuole superiori. Ma rimane la comprensione profonda da raggiungere, comprensione che richiede (anche agli studenti delle superiori) tempo e dedizione, per arrivare a capire bene quel fenomeno, quelle applicazioni, oltre il semplice enunciato. Tempo e dedizione necessari per rendere realtà efficace il semplice enunciato o qualche regoletta che appariva vuota.
Probabilmente è per ignoranza del contributo di ottica e optometria e della sua dimensione, o per più semplice preferenza per la propria storia culturale, più conosciuta e apprezzata, che scarseggiano questi riconoscimenti culturali, capaci di ricordare onestamente chi ha tracciato la strada delle “lenti che fanno vedere bene” e che ancora oggi la sviluppa (ad es. l’ottotipo moderno è un’invenzione del 1976 di due optometristi: Bailey e Lovie).
Pensare che ottica e optometria siano riducibili a una semplice "tecnologia" o “ingegneria” o “fisica”, oppure siano “medicina” o “psicologia” o altro ancora, mostra poco rispetto per le scienze citate (che hanno finalità e metodi propri e diversi) e anche per l’ambito di ottica e optometria, che ormai da secoli ha dimostrato proprie specifiche mete, metodi, modelli di pensiero ed ha da tempo conquistato e consolidato un proprio specifico ambito professionale a livello internazionale (ISCO ESCO 2267 Optometrists and ophthalmic opticians).
(imm. Conspicilla 1582 e Cilindri crociati di C. Prentice, 1888)
